Scritto con il C.U.LO.

C.U.L.O.*: Ciao Cesare. Ho degli aggiornamenti sull’andamento del blocco del Grande Reset e del Deep State. Son qua con l’amico K.J.:, ci siamo capiti, vero?
Cesare: c’ha un culo fenomenale, quella lì, mmmmh
C.U.L.O.*: cazzo Cesare, le basi. Non J.Lo che, in effetti, ha un didietro di tutto rispetto, K.J., dai, che ce la fai, quello che avevamo detto a tutti che era morto…
Cesare: ah, sì, K.J. Parker*, a voi piacciono le cose più raffinate: è lo scrittore di cose fantastiche, vero? Ma vi fate aiutare da uno così? E perché avete detto a tutti che era morto?
C.U.L.O.*: Cristo Cesare, è sempre così difficile con te! Ti do un aiuto: il cugino Robert è venuto, con i tuoi amici, a Milano alla fine dell’anno scorso, per la presentazione…
Cesare: J.K. Rowling è venuta a Milano e me la sono persa? In che libreria è andata? Adoro i suoi romanzi, sono di grande ispirazione per me. Adoro, adoro!
C.U.L.O.*: Bon, basta così Cesare, non ce la faccio. Quasi quasi torno da quell’altro, sarebbe perfetto se capisse qualcosa di più ed evitasse di farci su un articoletto, che vende per due spicci.
Cesare: e mi lasci così, senza neanche una nuova dritta? Vabbè, farò come al solito…

* Comandante Unico Loggia Operativa

Un mese tra i QAnon

Nell’ozio delle ferie, a metà luglio, m’è venuta in testa l’idea di vedere “da vicino” il panorama dei QAnon nostrani. Dopo aver letto e sentito tanto del movimento americano m’ero imbattuto, un paio di volte nella mia TL, in twit di personaggi smaccatamente legati ai QAnon, senza farci tanto caso. Per curiosità ho iniziato a seguirne uno* e mi si è aperto davanti un mondo. Dopo un mese di frequentazioni lascio qua alcune riflessioni, magari possono interessare a qualcuno.
La galassia QAnon italiana che ho seguito (sia via Twitter che Telegram) è variegata e complessa. Mi pare che si possano intravedere alcune macrocategorie:
i leader: su twitter c’è uno sparuto gruppo di big con un grosso seguito (tutti con oltre 10.000 follower). Sono molto attivi, postano tanto, spesso interagiscono con chi risponde ai twit. A me pare che ci sia molto “mestiere” dietro il loro lavoro e mi sono fatto l’idea che, complotto per complotto, non sia una semplice passione “politica” la loro ma qualcosa di più (un lavoro?). Non sono nemmeno del tutto convinto che siano account reali: un paio delle più agguerrite pasionarie mi sembrano tanto mini redazioni. Hanno tutti le 3 stelle d’ordinanza del nome (a parte uno che pare più un battitore libero ma che è molto addentro al tema) e sono dei campioni nel creare fake news anche se, spesso, sono facilmente sgamabili se ci si mette un po’ di buona volontà. Naturalmente i peones del loro seguito si bevono tutto senza porsi il minimo dubbio, anzi, osannandoli per la perspicacia e l’acutezza nelle intuizioni. A volte pestano delle merde, anche vistosamente (account fake, scherzi, etc.) e mai un passo indietro! Il linguaggio dei twit è, generalmente, molto semplice, immediato, d’effetto.
i fanatici: sono quelli che mi hanno sgamato molto velocemente dato che, nella mia ingenuità, ho continuato a mettere i “mi piace” a quanto seguo e, dopo pochi giorni, è arrivato l’ordine di scuderia: “Ci sono delle zecche che ci seguono, controllate tra i vostri follower e bloccate”. Nel poco tempo che ho avuto modo di seguirli ho intuito che sono del tutto convinti della teoria della grande cospirazione, del Deep State, del New World Order. Retwittano quasi tutto quanto viene postato dai leader, con grandi dosi di indignazione, caricando spesso con grosse dosi di rancore (mi fa specie dire “odio” ma credo ci si avvicini). Vedono satanismo, pedofilia, corrotti ovunque. Il lato più preoccupante è che sono coloro che attendono un’imminente repulisti sia negli USA ma anche in Italia da parte di Trump. La loro aspettativa più comune è che il buon Donald scacci subito l’attuale Governo, metta in galera buona parte delle persone più in vista (il loro risentimento va da Jovanotti a tutti i politici non sovranisti). Cercano ogni dettaglio in rete per avvalorare la loro tesi, rileggendo anche i fatti più lontani in questa chiave (un risvolto nei pantaloni di un qualsiasi avversario fa pensare al braccialetto elettronico dei carcerati e vai di epurazione di massa…). Su Telegram non esitano a postare i loro deliri anche con file audio e si arriva alle diverse centinaia di post giornalieri dell’intero gruppone. Sono, mediamente, i più rancorosi, si sente che hanno un bisogno disperato di credere in quanto postano, spesso rispondono con un livore e una rabbia imbarazzanti. Il loro linguaggio è più complesso dei leader, con post anche multipli che cercano di argomentare. Nelle loro bio e in quanto scritto si trovano spesso tracce di simpatie (se non proprio affiliazioni) di estrema destra. Un tratto molto comune, poi, è l’avversione per Papa Bergoglio: viene additato comunemente come l’Anticristo, avversato (quasi sempre in nome di “valori cristiani”) nella sua dottrina, indicato come Satana e il Male assoluto, spesso ritenuto nemmeno Papa. Il loro mito preferito è quello del “grande risveglio”.
i peones: sono eterogenei ma con diversi tratti comuni: quasi esclusivamente di destra e sovranisti convinti (bandierina italiana nel nome, spesso con scritte Italexit e NoEuro). E’ brutto dirlo ma la cifra molto comune dei loro sfoghi è scritta in un italiano stentato, quando non massacrato da strafalcioni. Il sentimento dell’indignazione è il preponderante, seguono aspettative salvifiche nei confronti di Trump, una certa ammirazione per Putin, un disprezzo totale per la classe politica italiana della fazione opposta, l’idea che una rivoluzione per sconfiggere il Deep State e l’NWO sia imminente, dove non già partita. Tutti, proprio tutti, con una feroce avversione verso gli stranieri, soprattutto se migranti e di colore. La maggior parte non fa nessuna fatica per cercare di approfondire quanto leggono (giornate a chiedere cosa significassero le 3 stelle accanto al nome, per dire, alcuni addirittura a chiedere come si facesse a metterle…).

Il movimento, nella quasi totalità di quanto ho letto, è critico se non negazionista verso il Covid e la pandemia in generale (fino al delirio che tutta l’emergenza sia stata montata per “coprire” il fatto che Trump avrebbe arrestato buona parte dei loro bersagli, ossia la Clinton, Obama, Bill Gates, Ofra e via discorrendo e costoro siano nelle case ai domiciliari!), per la quasi totalità No Vax. Grande è la polemica verso l’uso delle mascherine, con post frequenti circa le smargiassate in giro per l’Italia contro chi mette la mascherina o nell’ostentare la scelta di non metterla (il bavaglio, la museruola….).

Ho deciso, in questi giorni, di fermare l’osservazione dato che una forte esposizione alla quella debordante quantità di odio e banalità mi hanno – lo dico con assoluta sincerità – creato un certo disagio e continuo malumore. Seguo solo il gruppetto dei leader, meno dannosi se ci si limita a poche risposte ai loro twit. Tutti gli altri li ho bloccati.

* Ho deciso di NON riportare nessun account twitter sia per non attirarmi inutili beghe sia perché il qui presente non è certo uno studio o un paper di qualche minimo valore.

Una frase, una vita

Ho rivisto S. sabato scorso. Ci siamo incontrati in farmacia, un ottimo luogo di socializzazione, per dire (se hai una certa età e un certo quantitativo di disturbi, soprattutto). Parliamo un po’ in coda, poi arriva il mio turno e il suo in contemporanea, all’altro sportello. Vedo che, quando ha finito, indugia nell’uscire, così immagino che voglia parlare un pochetto. Nel piazzale antistante riflettiamo sul fatto che, se fossero lungimiranti quelli della Farmacia, un baretto sarebbe una buona soluzione.
S. lo conosco da circa 25 anni: fa parte di quelle persone che frequenti casualmente per qualche tempo perché “amiche (o parente o vicino) di qualcuno che frequenti”. Mi è sempre stato tutto sommato simpatico, una persona buona e mite, divertente quel che basta, con un velo dietro gli occhi, però. Avete presenti “i sofferenti”? Un po’ barufanti, un po’ insoddisfatti, un po’ irrisolti forse. Tutto senza eccedere ma con quella vena di malinconia che non puoi non notare. Non lo vedi mai completamente felice, completamente rilassato, che si fa una risata totale, da averci le lacrime: ha sempre il freno a mano tirato, in tutto quello che dimostra, magari anche solo un paio di dentini di freno. Però resta una persona piacevole: non è volgare, non è grossolano, non è banale.
Vent’anni fa, dopo una serie di frequentazioni sporadiche, l’elemento di unione è cambiato e son venute a mancare le occasioni. L’ho rivisto, di sfuggita, un paio di mesi fa in un’occasione pubblica (una partita di pallavolo) e ci siamo riconosciuti e salutati.
Sabato mi parla di quell’occasione pubblica, mi parla di questa sua passione, dovuta anche al fatto che la figlia pratica ‘sto sport e lui ha deciso di parteciparvi di più come arbitro. Parliamo di figli, parliamo di famiglia, parliamo di salute. Ricorda una foto di un giorno in piscina con la compagnia di quel tempo, di un’estate di 22 anni fa! Anche lui ha avuto un momento molto difficile, con un grave episodio di malattia che ha superato da non molto: guardiamo i nostri sacchettini di scatole di medicine e sorridiamo. Mi dice che fa movimento, che accompagna il cane fuori, che si tiene anche in forma andando in giro ad arbitrare.
Poi un po’ si rabbuia e mi domanda se so della sua attuale situazione, se so che si è separato. Non so niente. Mi dice che non c’è stato un motivo preciso, non ci sono stati rancori particolari o baruffe. Per un certo periodo sono stati “separati in casa”, poi si sono divisi del tutto. Dice che vede la figlia ogni settimana, che sta un po’ con lui che, naturalmente, vive da solo. Gli domando: come va, adesso? S. mi fa: “… eh, sai… Ho un cane”.
“Ho un cane”.
C’è la sintesi di tutto: ci sono quei due, tre dentini del freno a mano. Mi si è stretto il cuore.

Internet a tutti

C’era un grande sogno, anni fa, che gira nel mondo: internet ci avrebbe reso migliori. Si pensava: tanta conoscenza, disponibile per tutti, velocemente, quasi gratis… Che spettacolo.
Poi, non so. E’ troppo grande e complesso da capire.
Fatto sta che oggi, fine ottobre 2018, mi arriva nella mail, una domanda:
In quanto recensore di Xiaomi Huami Amazfit bip bit…, puoi aiutare questo cliente?
xxxxxx chiede: “Sapete dirmi se è possibile utilizzarlo con i phone Apple 6?” 

Così, per curiosità, vado nel sito del venditore e vedo che ci sono ben 186 domande con risposta, relative al tal coso! Vuoi che non ce ne sia una che può aiutare l’amico con l’iphone 6? Cerco, nel comodo tool per le ricerche, la cosa più semplice: “iphone”.
Ecco qua.
Non è confortante, ti do ragione. Vediamo di approfondire le 3 risposte della seconda voce, magari trovo qualcosa di utile.

Vabbè, stiamo sul generico allora, guardiamo tutte le domande in fila:

Era la cosa giusta da fare, alla quarta c’è un buon indizio. Se però hai pazienza e arrivi fino alla SESTA, non in fondo a tutte, alla sesta:

Non so se mi demoralizzi di più un tizio che si mette a fare domande senza leggere nemmeno 6 righe o la quantità di beoti che rispondono “Non lo so, non ho l’iphone”. Non credo sia solo una questione di pigrizia, perché poi deve aspettare che gli arrivi la notifica della risposta, magari c’ha una voglia matta di comprarsi quel coso lì e ci sta male… Non può essere pigrizia quella di rispondere alla mail di notifica (o direttamente dal sito, sarebbe pure peggio), scrivere che NON SAI e postare. A che pro? A chi può giovare sapere che TU NON SAI?
Non è un caso isolato, fatevi un giro per Amazon e guardate quante risposto di questo tipo ci sono: migliaia! “Non ti posso rispondere perché non mi è ancora arrivato”: non sei obbligato a scrivere qualche cosa, non mi aiuta per nulla sapere che TU non hai questa informazione, nella notifica c’è proprio scritto “Puoi rispondere…?”, non “sei obbligato a rispondere”, soprattutto se scrivi una roba del tutto inutile.
Un tempo, nei forum, c’erano degli allert grossi così che intimavano di NON postare temi-domande-cose senza prima aver verificato che non se ne parlasse già.
E’ un enorme rumore di fondo di byte inutili, spazio sprecato, tempo sprecato.

Il colpo di culo

Ciclicamente mi vien su la necessità di cambiare lavoro. Immagino sia una cosa comune, almeno per coloro che c’hanno poca voglia di lavorare o (come nel mio caso) quelli che si fan delle gran fisime in ogni dove. Mi son buttato a cercare soluzioni, roba forte subito, bum bum bum: un gruppo riservato su Facebook e un guru online.

Il gruppo riservato su FB*, in una breve ma rigorosa e scientifica analisi:

  • metà dei post di ricostruttrici di unghie – stiro a casa mia – robe di parrucchieri – vendita profumi – promoter di qualsiasi cosa
  • metà di lavori da casa no porta a porta – condivido questa genialata che ti fa guadagnare sino a 400 euro – selezioniamo 5 persone per il meglio progetto di sempre
  • metà post di persone che cercano “urgentemente” (no, dico, sei sicuro di far bella figura a metter lì ‘sto avverbio, proprio sicuro?) la salvezza di un lavoro, ma part-time, dalle 08.00 alle 12.00, da qua a là, astenersi perditempo.

Ci son rimasto male.

Allora son andato a vedere uno bravo, un motivatore, uno che – lo dico senza nessuna ironia – stimo veramente e leggo molto spesso: Silvio Gulizia. Mi piace un sacco Silvio, ha delle bellissime idee, tipo “diventare leader della propria vita”“vivere intenzionalmente”, “life hacking”. Tutto importante, molto logico, sicuramente efficace, ma faticoso, faticosissimo. C’ho provato un paio di volte: se devo vivere così allora mi faccio monaco buddista, alla fine probabilmente pure risparmio. Non fa per me, non c’ho il fisico, meno ancora la mente. A ‘sto punto resto dove sono, faccio la solita frustrante fatica quotidiana e me la mangio tutta.

Poi l’illuminazione: il colpo di culo. E’ lì il segreto, inciampare nel colpo di culo. Intanto nell’attesa che capiti, oltre a “faccio la solita…” inizio a costruirmi da me medesimo il colpo di culo. Come? Eccolo qua davanti a voi: diventerò un nuovo guru della Rete, mezzo influencer (niente marketing, ho troppo rispetto per voi), una roba tipo “influencer/guru”, mezzo youtuber-instagramer ma senza video né storie né continue foticine di quello che sto mangiando o che sto leggendo al cesso, mezzo capopopolo barricadero- entro nel gruppo ma mi scindo subito.

Intanto beccatevi ‘sto sguardo qua che vi dovrebbe mettere soggezione ma anche indurvi a seguirmi e scrivere nidiate di commenti e non poter far più senza il qui presente blog.

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*Ci tengo a precisare che son arrivato a ‘sto gruppo con l’account di mio figlio, non avendo un account FB credibile e il ragazzo c’aveva l’iscrizione a cotanta comarella di riservatezza.

Il web “post-social”

Ho l’impressione che stia scemando, molto lentamente, l’ubriacatura da social. Piccoli segnali, ma costanti. Primo tra tutti: stanno tornando, nei blog che seguo, i commentatori. Certo, è un panorama molto piccolo, ma è una tendenza che mi pare sia registrabile. Credo che ci sia un nuovo interesse per “contenuti” originali, esposti anche in forme originali, quindi al di là dell’anonima forma di Facebook ad esempio, dove si possa ragionare e confrontarsi senza dover seguire timeline prestabilite e video di gattini.
Secondo segno: una certa disaffezione per i social in quanto tali che si può leggere sia in una minor fruizione degli stessi (qua mi baso su una cerchia di conoscenti, di diverse età e un pochetto variegata per le altre variabili) e un quasi “fastidio” dell’onnipresenza di un paio di essi. Credo che in diversi si siano stufati di vedere gli indirizzi di pagine facebook e account twitter che sono mere repliche di comunicati provenienti dal sito istituzionale dello stesso soggetto e che nulla aggiungono a suddette informazioni.
Magari mi sbaglio, certo non so cosa e come sarà il web 3.0 (ammesso che ci sarà), questo è quanto mi par di vedere, forse anche una sensazione.

Cosa ho imparato dalla caccia a Inbox

inboxCi son voluti 7 giorni per trovare un invito a Inbox. Sono stati 7 giorni di caccia nel web, che mi hanno insegnato alcune cosette, che butto qua. Sono partito convinto che sarebbe stato facile e veloce, sai “i social oggi”, ci sono tante opportunità, robe così. Invece no. Dopo un paio di giorni ho capito che sarebbe stato davvero duro e che, forse, poteva servire a capire un po’ meglio la parte della rete chiamata “social”.
I social, dici tu
Sono iscritto a twitter dal 2008, l’ho usato pochissimo, 54 tweet in 6 anni la dicono lunga (ce ne sarebbero altri 5-6 cancellati ma non cambia la sostanza): il fatto è che non mi aveva mai preso, così lontano dallo “spazio” del blog, così veloce… Con l’assidua frequentazione di quest’ultima settimana mi sono ricreduto e ne ho colto alcuni aspetti rilevanti: è un vantaggio l’essere così veloce (oggi soprattutto), ti porta nelle diverse vicende (dalle news alle curiosità ai contatti) con immediatezza, quasi senza filtro (anche se alcuni hanno delle robe contro lo spam nei messaggi diretti e ammennicoli similari), ti “costringe” alla sintesi. Ci sono logiche relative al “rilievo” di tweet e tweettatori che ancora mi sfuggono, in parte, ma è stato lo strumento che più mi ha dato chances di avere un invito (in un paio di casi sono arrivato tardi solo di un pochissimo) e che, alla fine della fiera, mi ha poi portato l’invito stesso. Anzi, due nel giro di poche ore e due offerte dirette. Forse perché la base degli attivi in inbox è ormai rilevante o, più probabilmente, per un fortunato caso di “rimbalzo” di alcuni tweet. Avendo attivato anche un secondo account, per non “ridicolizzare” troppo il principale (i tweet cancellati erano suppliche sparse in giro per avere un invito), ho forse raddoppiato le possibilità e anche qui ho capito delle cosette: avere una foto nel profilo aiuta (un profilo femminile credo avrebbe aiutato di più dato che la stragrande maggioranza dei questuanti inviti era di sesso maschile) e dare l’impressione di un account “vivo” pure (sono passato dai primi 2 giorni di quasi disinteresse nella versione “nuovo account spoglio” a follower e risposte negli ultimi 2 giorni con l’account arricchito di contenuti, in certo qual modo). Sì, certo, è acqua calda, ma ora mi par di saperlo meglio. Alla fine il primo invito è arrivato proprio dal secondo account, anche in virtù di una maggiore propensione alla richiesta in giro per il mondo.
E facebook com’è?
Ecco, il mondo fuori di qua, dici tu. Ho percorso anche la via di facebook, soprattutto rivolta all’oriente e all’estremo oriente (almeno dove l’inglese richiesto era piuttosto basilare, in italiano ho trovato poco poco), oltre a quella di twitter. Giganteschi ammassi di questuanti (alcuni post avevano oltre 150 commenti tutti del tipo “please invite me” con relativa mail), anche organizzati in gruppi, dove la volontà di condividere l’invito scemava nell’arco di qualche ora e i gestori, sconsolati, chiedevano disperatamente qualche atto di buon cuore, sommersi anche lì dal “please invite me”. Non mi ha entusiasmato per nulla facebook in questa caccia anche se, solo poche ore dopo il primo, da qui è arrivato un ulteriore invito, giunto in maniera del tutto fortuita (non posso svelare di più altrimenti mi “brucio” l’account che ho lì, che non rispecchia perfettamente l’intestatario, per così dire). Facebook mi è parso meno “utile” allo scopo in quanto troppo “largo” e lento e forse con meno interesse, nel complesso, per la questione “invito inbox” rispetto a quanto trovato in twitter (soprattutto in lingua inglese). I gruppi mi sono sembrati un buon strumento, nel caso specifico avrebbero richiesto una certa capacità di amministrare il flusso richieste-offerte, ma tant’è.
Alla fine della fiera?
E’ stato divertente. Bravi quelli di Google a creare tanto interesse per il loro prodotto, niente da dire. Credo, poi, che continuerò ad usare twitter (con l’account principale, ci vuole troppo lavoro e troppa testa per portarne avanti due), magari limando alcune cose che fanno un po’ troppo rumore di sottofondo. Ci sarebbe da fare un bel discorso sul retweettare compulsivo (mi pare se ne veda un po’, in giro) ma è faccenda troppo ampia. Anche il discorso “entra in inbox senza un invito con l’aiuto di un amico” è una vicenda un po’ paradossale sia per i più che ovvi problemi di sicurezza e privacy connessi, sia per tutto il discorso di come e quanto sono stati usati gli account farlocchi messi a disposizione per attivare i propri (con me non ha mai funzionato, alcuni dicono che è servito, non ho ben capito in quali casi) e le relativi implicazioni. Fatto sta che suddetto “trucco” è girato (e sta ancora girando) forsennatamente in twitter, arrivando sino ai big dell’informazione del settore e lascia piuttosto perplessi quanto sia stato rimbalzato senza se e senza ma.
Com’è inbox? Per ora mi pare un buon strumento ma è meglio leggere la recensione di uno bravo.

I want to belive

scieLe scie chimiche sono gli UFO facili. Grazie ad un post comparso nella home di google+ (sarebbe saggio dare sempre un occhio alle impostazioni di un servizio, quando lo si attiva, o almeno darlo una volta ogni 6 mesi) mi son fatto un giretto tra i video di alcuni devoti del culto delle scie chimiche. Si può manipolare il contenuto di un video cercando di “forzare” l’interpretazione di alcuni tratti, però se lo fai in maniera troppo farlocca si coglie subito l’intento e ci fai una doppia brutta figura. Se poi però neghi anche l’evidenza, se tiri conclusioni tanto tanto tanto forzate, se vedi “aggressività” quando esasperi qualcuno e gli calpesti le palle be’, allora sei più di un fan, sei un vero cultista. Si vede che ci vuoi proprio credere a quella roba lì e te ne vuoi convincere. Sarebbe interessante incontrare qualche tipino del genere.

Poi mi son ricordato che uno lo conosco pure di persona. E mi son ricordato del suo ruolo all’interno dell’azienda per cui lavoro. E ho avuto paura.
Solo per un attimo, però.

Completata!

Dopo 4 anni di “duro lavoro” ho felicemente completato la raccolta di Dago Ristampa. Da un lato un filino mi dispiace: era un motivo per andare alle fiere dei fumetti. Ho ovviato iniziando la raccolta di due altre collane: Sandman* e The Boys. Consiglio vivamente la lettura di tale collana.
* Se qualcuno sapesse dove trovare una lista ragionata ed organica, facile da consultare, di suddetta pubblicazione farebbe una bella cosa indicarla qua (in italiano, però). Grazie